Published by Algulliver on 9 agosto 2016

Algu ha nuotato a Capo Nord

Giorno 16. Capo Nord

Il mio ultimo giorno norvegese! Smonto la tenda, espleto le funzioni igienico-sanitarie, faccio colazione con un po’ di malinconìa, dato che si ritorna a casa. Però c’è un’intensa giornata che mi attende, infatti l’idea è di raggiungere oggi Knivskjellodden, il vero punto più settentrionale d’Europa. E’ prevista una marcia di 9 km dalla strada che conduce a Capo Nord, quindi, tra andata e ritorno ci sarà ben da camminare, respirare, osservare, pensare, fotografare.

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Nello zaino metto da mangiare, scarpe di ricambio, acqua, e la roba per il nuoto, non si sa mai, anche se il tempo è talmente brutto che non mi illudo affatto.

Arrivo al parcheggio, quattro chilometri prima di Capo Nord, e andiamo a cominciare la scarpinata. Ha smesso di piovere ma tira un vento da sudest che dà davvero fastidio, anche se all’andata ce l’ho di traverso alle spalle. Penso tra me e me che al ritorno sarà n’altra musica, ma vado spedito e fiducioso di raggiungere il mio obiettivo.

Il sentiero si rileva un incubo: pietraia, acquitrino, pietraia, fango, acquitrino, pietraia, ecc ecc e quando finalmente arrivo al mare, con un paesaggio mozzafiato dato che Capo Nord stacca in tutta la sua altezza imperioso dal mare, il sentiero si trasforma in pietra liscia e viscida inclinata verso il mare: il rischio di cadere è alto, lo zaino mi crea qualche problema, rallento per evitare guai. Dopo due ore e mezza arrivo a Knivskjellodden, 71°11’08” latitudine Nord, qualcosa in più rispetto ai 71°10’ di Capo Nord. Il mare è mosso, non c’è proprio niente da fare: scendere in mare sarebbe pericoloso non solo all’ingresso, ma soprattutto all’uscita, dato che la costa è alta e rocciosa. Che peccato, ma neanche se fossimo in Italia con un mare così si andrebbe in acqua!

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Dopo le foto e i video di rito, mi incammino per il ritorno e dopo le rocce levigate, scorgo qualcosa che all’andata, avendola di spalle, non avevo notato: una insenatura relativamente protetta dal vento e dai marosi. Esco dal sentiero, mi arrampico e supero una barriera di rocce nere stratificate e arrivo…Guardo bene come le onde si rifrangono e capisco che c’è del margine per evitare complicazioni. Bene, in due minuti mi spoglio, metto il costume, scarpe da windsurf per non scivolare sulle rocce viscide e sulle alghe brune (Fucus vesiculoides) che emergono rigogliose anche grazie alla bassa marea e vado.

Arrivare all’acqua richiede un po’ di acrobazie per non scivolare  e per districarsi in una vera giungla di alghe ma alla fine, dopo un piccolo shock termico, entro in mare.

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Sento un formicolìo inatteso alle mani e alle spalle, ma la respirazione è buona e le gambe si muovono fluide. Resto tranquillo, nuoto piano e cerco di rilassarmi…poi nell’insenatura mi eccito alla grande: nuoto e guardando davanti a me vedo la sagoma inconfondibile di Capo Nord. Che diamine!! Sto nuotando nel mar Glaciale Artico!

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La forza degli stimoli esterni, freddo, l’energia dinamica delle onde, la cupezza del cielo e le raffiche del vento sulle braccia, è talmente forte che non c’è tempo per dirmi se sono proprio io lì in quel momento. Cerco di effettuare delle riprese ma francamente nuotare e filmarsi in contemporanea è arduo, anche perché non mi ero portato il braccio d’alluminio che avevo realizzato allo scopo.

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Allora mollo la videocamera al suo destino (l’avevo assicurata al mio costume e ad un galleggiante) e nuoto, perché è troppo esaltante questo tuffo e il fondale dell’insenatura è visibile, nonostante la poca luce e la torbidità incrementata dal mare agitato. Nuoto 9 minuti in tutto, che a 9 gradi centigradi sono un’ottima prova, considerando la marcia di più di 9 km fatta per giungere lì e considerando che avevo altri 7-8 km da fare, in salita e controvento per tornare alla macchina. C’è da considerare inoltre che quando sono entrato in acqua, lungo il sentiero c’erano solo due ragazzi olandesi che avevo incontrato all’andata e sette renne che pascolavano. E il mio cellulare non dava segnali né telefonici, né internet radio, quindi nessuna possibilità di essere soccorsi. Fisicamente stavo bene e avrei potuto nuotare lungo costa per almeno altrettanti minuti ma ho voluto essere prudente.

Risalito sulle rocce, rischiando di frantumarmi le ossa scivolando ripetutamente sulle alghe, per l’entusiasmo che avevo in corpo, mi sono rivestito velocemente con un barlume di completa nudità (così ho fatto anche l’esperienza del Naturismo a Capo Nord), rimesso il berretto in testa e lo zaino in spalla e mi sono avviato al ritorno. Che è stato durissimo: lo zaino mi ha fiaccato talmente da subìre uno stiramento ai muscoli intercostali di sinistra (la zona dove l’anno scorso mi sono fratturato cinque costole), il vento contrario e la salita mi hanno demolito ogni riserva di energia e di sali minerali. Per fortuna aveva del cibo e dei liquidi, altrimenti credo che sarei ancora là. Nell’ultima mezzora di cammino inoltre è piovuto un acquazzone che mi ha impregnato quasi del tutto gli abiti, nonostante avessi un ombrello. Quando ho raggiunto l’auto al parcheggio avrei baciato un’alce per la contentezza. Ero stremato: ci è voluto parecchio prima di riprendermi e cambiarmi d’abito e di scarpe. Ma Algu, dopo 16 giorni di avventura nordica, 6000 km d’auto, una nuotata a Lindesnes e una nel Melfjorden, al Circolo Polare Artico, la scalata ai ghiacciai Svennosbreen e Svartisen, la traversata alle isole Lofoten, quasi sempre in completa solitudine, è riuscito a nuotare 9 minuti nel mare di Capo Nord oltre ad una marcia su pietraia e acquitrini di 18 km: un finale pirotecnico e certamente imprevisto anche a me stesso. Dove abbia trovato le energie per una giornata simile davvero non lo so, di sicuro Dio deve volermi tanto bene.

Comments

  1. Patty
    10 agosto 2016 - 01:34

    Dio ti ama, non ci sono dubbi

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