Stavolta il freddo l’ho sentito, inaspettato
Peccato essere andati via da Oslo subito. A parte la vastità delle proposte culturali e museali, sarebbe stato il caso di andare a fare un giretto per locali, che, ad un’occhiata veloce e superficiale, sembravano molto stuzzicanti. Invece sono andato in piscina, la Frognerbadet, vasca scoperta di 50 metri, 9 € l’ingresso, e mi sono fatto un 3 chilometrini di ripasso di come si nuota. Poi un toast e un succo di frutta e via verso il Nord, passando per Hamar e Lillehammer, sedi olimpiche invernali.
Giorno 7.
Dopo una notte sotto la pioggia sottile ma battente nel campeggio Elstad di Ringebu, ridente località sull’immenso lago Gudbrandsdalslågen (non mi chiedete la pronuncia, ho fatto ridere tutta la reception del camping), arrivo ad Otta e lì faccio la spesa di frutta e verdura, a costi elevati ma non pazzeschi come a Oslo (l’uva dalla Spagna a 39 Krones che equivalgono a 4,25 €), quindi mi addentro nel Jotunheimen Nasjonalpark, un’area vastissima di boschi e ghiacciai. In effetti, ad Otta come a Lom, sembra di essere a Canazei e c’è pure parecchia gente. Non contento mi addentro in una vallata laterale, quella di Spiterstulen, alle pendici della montagna più alta di Norvegia e del Nord Europa, il Galdhøppingen, 2470 metri…pochetti per noi veneti abituati alle Dolomiti, eppure, nel contesto della vastità degli altopiani norvegesi, il Galdhøppingen, appare imponente.
Spiterstulen è in realtà una grossa casa di campagna riammodernata con qualche altro edificio adibito al campeggio, prevalentemente libero. Arrivarci è una faticaccia, curve, ponti dissestati, fango e sassi. Ci vorrebbe la jeep del mio amico Fabio. Ma è una meraviglia di posto, alla base del ghiacciaio Svennosbreen. Panino, yogurt e quattro stracci nello zaino e via…ho deciso, salgo su fin dove arrivo.
Dopo quattro ore di pietraie e sentieri si apre la vista del ghiacciaio a tre lingue, di cui la principale di tonalità azzurro turchese. Che roba ragazzi!!!Avevo già visto il meraviglioso e imponente ghiacciaio del Grossglockner, nel 2010 ma là eravamo molto più alti e al centro delle Alpi. Blocchi di ghiaccio alla base, tre quattro cascate di acqua gelida che fuoriuscivano dai serracchi frontali.
Questo è Svennosbreen; a sinistra la montagna più alta della Norvegia. Non ho resistito e sono andato in free style in mezzo a torrenti e rocce per cercare di avvicinarmi il più possibile, sono arrivato a circa 250 metri dai serracchi poi la prudenza mi ha consigliato di non andare oltre: siamo pur sempre in estate e la probabilità di distacchi e frane di ghiaccio è altissima.
Non vorrei più andarmene da lì, tra l’altro in tutta la camminata (sei ore complessive) ho incontrato solo sette escursionisti, ma devo andare avanti e avvicinarmi il più possibile al Sognefjorden. Ancora strade strette e irte di curve e avvallamenti, ma è uno spettacolo indimenticabile: qui la Norvegia sembra Plutone, pianeta di roccia e di ghiaccio.
Sono quasi le otto di sera, vedo gente in piumino, pantaloni tecnici e berretti di lana: fa un freddo inaspettato, non credo più di 2,3 gradi e poi le pozzanghere a lato della strada sono ghiacciate…
Anche se la luce durerà fino alle 22,30 devo scegliere tra fare campeggio libero come hanno scelto due gruppi di norvegesi o scendere a più miti consigli e riparare nell’alberghino, l’unico, fatto di pietre e legno (e me pare nient’altro). Scelgo la seconda, e così, oltre ad evitare di montare la tenda a tarda ora, trovo la corrente elettrica necessaria a ricaricare portatile, telefono e macchine fotografiche. La connessione però, comprensibilmente, visto dove mi trovo, non c’è: i contatti col mondo un’altra volta…
Patty
31 luglio 2016 - 19:16
Che avvincente racconto ….. Sono stupita dalla magia che trasmetti e felice per la gioia che emanano le tue parole
Continua Algu …aspetto la prossima puntata