Published by Algulliver on 7 agosto 2016

Ho nuotato nel mare delle isole Lofoten

Giorno 14.

E’ arrivato il momento fatidico e le condizioni meteo sembrano più che soddisfacenti: mare calmo sia sul versante nord che su quello sud di Henningsvaer, leggera brezza da ovest. Si va. Diversamente dal solito la colazione è basata su tè al limone, pane e marmellata, un pezzo di cioccolato. Preparo tutto quello che serve per nuotare, cioè costume, due paia di occhialini, la cuffia “irlandese” portafortuna e il sistema per sostenere la videocamere stando anche in acqua…poi accappatoio, due asciugamani, insomma le solite robette. La fortuna del mio modo di concepire il nuoto in acque libere è che difficilmente scordo qualcosa, dato che sono talmente poche le cose che servono…Niente muta, mai. Niente pinne, mai. Nessun supporto di qualsiasi genere che possa facilitare lo stare in mare. Per le acque fredde ho adottato un piccolo trucchetto per ridurre l’impatto dell’escursione termica (saranno più di venti gradi) sul sistema cardiocircolatorio. Le visite di controllo fatte negli ultimi anni hanno rilevato la presenza di una lieve alta pressione del sangue, specialmente la massima. Tutto nella norma, data l’età e la familiarità, ma lo scendere in acque fredde comporta che nei piedi e nelle mani l’effetto vasocostrittore realizzato dall’adrenalina, l’ormone dello stress, agisca rapidamente andando a carico del cuore, che risulta così sotto sforzo fin dai primi momenti. Allora, utilizzo nei primi cinque minuti dei guanti e delle pedaline in neoprene che poi tolgo appena il motore entra a regime.

Alle 11 mi trovo all’ingresso dell’agenzia di Rolf Malnes con Hanne Lykkja: loro mi accompagneranno a bordo di un gommone di sei metri. Con il mezzo della Opplevelser ci trasferiamo alla prima isola della baia di Henningsvaer, Sheep Island, distante appena duecento metri. Lì l’acqua è limpida, mi tolgo i vestiti e in contemporanea faccio riscaldamento a bordo, infine scendo in acqua dalla piattaforma posteriore del gommone.

start

Inizio a nuotare e preso dall’entusiasmo inizialmente dimentico che devo iniziare lentamente, con un ritmo di bracciate modesto, attorno ai sessantacinque-settanta bracciate al minuto, per poi incrementarlo se tutto va bene. Una strategia necessaria in acque fredde, per permettere al metabolismo corporeo di adattarsi alle condizioni estreme in modo graduale e quindi più efficiente nel lungo periodo. Ma come si fa ad essere razionali al 100% dopo che per anni hai meditato, immaginato, desiderato di riuscire a nuotare nelle acque norvegesi del Grande Nord?  La vista di una medusa mi riporta alla realtà del momento, guardo il fondale, guardo il mio corpo, guardo le mie mani che effettuano le traiettorie subacquee delle bracciate, intanto Rolf mi grida se ho già intravisto i relitti delle navi del passato sul fondale, che lì è ancora basso, circa sette, otto metri.

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“Niente Rolf, non li vedo” e intanto riprendo a nuotare liscio, sto benissimo, tutto fila liscio. Poche le meduse, il cielo è grigio ma mi permette ugualmente, nella respirazione laterale dello stile libero, di vedere le altre isole della baia e soprattutto di vedere oltre, la terraferma di Norvegia.

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“Ricordati di nuotare a dorso specie all’inizio” mi dico, per riscaldare quei muscoli della spalla un po’ logori da anni di chilometri nuotati senza sosta…non mi viene, è così bello sentire l’acqua fredda sferzante sul viso, cercare i relitti di cui mi aveva parlato Rolf prima di allontanarmi, cercare le meduse in modo da evitarle, cercare le ombre scure che significano pesci in profondità…e poi il percorso di attraversamento che sto facendo sulle indicazioni di Rolf è bellissimo, superiore persino alle mie attese.

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Dopo un quarto d’ora l’equilibrio tra produzione di calore e dispersione termica (non ho volutamente usato neanche la miscela di vaselina lanolina che i ragazzi della farmacia Tre Colombine di Rovigo mi avevano preparato) è perfetto, sento solo il contatto con l’acqua fredda ma non provo alcuna sensazione di freddo corporeo. Vado e nuoto come se fossi in una gara di nuoto, tranquillo.

 

Il termometro segnava 11 gradi all’inizio, poi si è assestato a 12, in ogni caso la temperatura dell’acqua variava spesso, del resto molta acqua dolce, più fredda, arriva al mare dalle montagne ancora innevate delle Lofoten. Hanne mi grida che sto avvicinandomi ad un grosso banco di piccoli pesci, che lei fotografa, ma io non vedrò mai.

branco pesci

E poi che importa dei pesci, mi basta vedere i gabbiani che volteggiano sopra di me e ogni tanto girano la testa e buttano l’occhio come dire “Che strano pesce questo, che sia da mangiare o sia pericoloso?  Vabbè cerchiamo qualcos’altro”. E che mi riportano alla mente il cormorano di Rosolina Mare, che spesso mi ha accolto nei miei allenamenti solitari autunnali e invernali, venendo a volare avanti e indietro mentre io nuotavo, chissà se lo faceva per causa mia, a me è sempre piaciuto pensare che quel cormorano venisse a salutarmi per pregarmi di non fregargli il pesce…(invece sono i cormorani che fregano il pesce nelle valli).

Il tempo vola, io attraverso la baia sicuro anche nei momenti in cui Rolf e Hanne traguardano il punto successivo e scompaiono alla mia vista per qualche minuto; Sandy Island, dall’altra parte della baia, si avvicina, sto per concludere la mia traversata alle isole Lofoten, arriverò ad una mini spiaggia di sabbia bianchissima in cui tocco facilmente, dopo 45 minuti

arrivo1 arrivo2 arrivo3 arrivo5

 

Sandy Island1

“Thank God, thank Rolf!” grido appena esco, suscitando il sorriso nei miei due accompagnatori, che mi fanno i complimenti, mai nessuno a loro memoria aveva nuotato così tanto a lungo in mare alle Lofoten.

congratulations

Ritorniamo alla base e scorgo il motoscafo della Redningsselskapet, il pronto soccorso marittimo norvegese, che precauzionalmente è rimasto nei paraggi. Ma io sto benone, a parte il tremore dovuto all’ipotermìa che comunque cessa dopo un’ora, qualche esercizio ginnico e un buon caffè fatto dagli amici norvegesi, gentilissimi ad ospitarmi a casa loro e a farmi chiacchierare un po’ sul chi sono, da dove vengo, ecc, ecc, mentre riprendo il mio colorito.

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Consegno a Rolf e Hanne le magliette di Swim North e poi mi congedo all’insegna del “volemosetuttibbene” con calorosi baci e abbracci, con la solenne promessa che un giorno tornerò, magari nell’inverno artico, per andare a pesca o vedere l’autora boreale.

Sono le tre del pomeriggio: non ho per niente fame, non sono per niente stanco. Mi sembra di essere all’interno di un sogno e dunque ho bisogno di un po’ di tempo per capire cosa sia successo e comprendere bene che dopo oltre 4000 km e peripezie di ogni genere, avevo realizzato il mio sogno.

 

IL MARE E LA TERRA CI SONO STATI DATI IN PRESTITO DAI NOSTRI FIGLI

 

Comments

  1. Patty
    8 agosto 2016 - 23:41

    Io e Antonio abbiamo letto tutto d’un fiato il tuo racconto …. E siamo orgogliosi di te! Questo è l’Algu che conosciamo, grande uomo capace di imprese epiche!
    Abbiamo ancora la mente affascinata dal suono dell’acqua delle tue bracciate che ci accompagna … E la luce dei tuoi occhi … Unica
    Grazie Algu

  2. algu
    7 agosto 2016 - 22:02

    solo altre due volte ho provato emozioni incontenibili come quella di Henningsvaer…a Gibilterra quando ho finito la traversata vedendo i delfini sotto di me e in Irlanda, a Doolin sotto le imponenti Cliffs of Moher, quando ho giocato con due delfini a poche decine di metri dalla costa. Regali che Dio mi ha fatto perchè mi vuole tanto bene

  3. Bruno Rock
    7 agosto 2016 - 21:33

    Si direbbe che questa sia la più felice delle tue attraversate, per quel che ne so;direi ottimamente assistito da Rolf e Hanne

  4. Diegorastadentro
    7 agosto 2016 - 20:49

    ENORME…GRAZIE!!!!

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